Capitolo 35

Un commento finale al Volume 2

La Terramara di Pilastri non è un grande sito protostorico. A una quindicina di km di distanza, più a nord, si trova infatti il grande abitato arginato di Fondo Paviani, che circa un secolo dopo l’abbandono di quello di Pilastri assunse, con più di 50 ha di estensione, il ruolo dominante nei reticoli insediamentali della bassa pianura del Po. Ciò che ha fatto emergere la nostra Terramara dalla sua apparente marginalità è stata – da qui il titolo – la volontà unitaria dell’insolito consesso creatosi tra archeologi, docenti, studenti, appassionati e amministratori locali di valorizzare un bene culturale collettivo.

Eppure, come traspare dalle pagine dei contributi specialistici di questo secondo Volume, tale marginalità potrebbe essere un’illusione. Come tante altre terramare padane, quella di Pilastri, almeno in una fase della sua esistenza, deve aver avuto una fiorente economia basata su cicli ben scanditi di sfruttamento agrario e di allevamento del bestiame, integrati parzialmente da caccia e pesca. La grande quantità di fusaiole fabbricate nel laboratorio ceramico e usate in loco potrebbe testimoniare l’importanza della lavorazione di fibre come lana, lino e canapa (quest’ultima, se al tempo si pescava con le reti, indispensabile per fabbricarle). Un’economia di eccedenza alimentare, forse, ulteriormente sostenuta da altre specializzazioni manufatturiere.

La scoperta di tracce consistenti di indicatori del consumo del vino (per la prima volta nella Penisola), in tale luce, potrebbe anche spiegare la produzione seriale, piuttosto sofisticata, di tazze carenate di colore grigio con anse cornute come recipienti per servire e bere il vino. All’ombra del vino, inoltre, dato che i marker chimici sono gli stessi, potremmo trovare l’aceto: ingrediente importante della cucina e gastronomia locale da tempo immemorabile, e – forse – un potenziale biopreservativo naturale per alimenti di diversa natura. Consideriamo ora l’arrivo nella Terramara di partite di ambra (piccole o grandi) di presumibile provenienza dalle sponde del Mar Baltico. Le tracce di zolfo trovate nelle pareti di non pochi vasi, al momento, non sembrano causate da contaminazione del terreno; se è così, lo zolfo doveva essere stato applicato come anti-fermentativo o impermeabilizzante asettico dell’interno dei vasi, e in questo caso sarebbe stato necessario importarne delle quantità importanti dall’entroterra toscano o dalla Sicilia. In tal caso, potrebbe essere possibile ipotizzare, sulla base di ulteriori future ricerche, che proprio lungo bracci del Po come quello dell’antica Terramara ambra e zolfo potessero essere sistematico oggetto di scambi a lunga distanza.

Altro prodotto invisibile o quasi in archeologia è il sale. Nel nostro sito, vi è una varietà e quantità di gusci di molluschi marini che sembra superiore a quella di altri siti coevi; se le conchiglie arrivavano dalle sponde adriatiche, è presumibile che anche il sale, integratore alimentare per uomini e soprattutto per animali, ed altro potenziale agente conservante per carne e pesce, si muovesse sulla stessa rotta. Non va trascurata, tuttavia, la possibilità di arrivi di sale e zolfo anche dal versante toscano: in tale prospettiva, la notevole percentuale di ceramiche foggiate nello stile detto dagli archeologi di “Grottanuova” potrebbe testimoniare contatti e scambi con l’area tirrenica ben più che episodici. A queste potenziali aperture se ne aggiungono altre, anche sorprendenti: come quella di un ornamento in ambra a perforazioni multiple e di una vaso molto insolito, forse una zangola per il latte, che indicano contatti importanti con lontane regioni dell’Europa centro-orientale.

Insomma, dalle pagine scritte dal team sulla Terramara di Pilastri, e dalla nostra collettiva determinazione a continuare a valorizzare il sito, emerge un’immagine tutt’altro che “localistica” dell’antico villaggio. Ancora una volta, l’archeologia indica che l’identità di una comunità antica o recente non è formata da sbarramenti o chiusure, ma dalla continua, fluida reinvenzione di soluzioni tecniche e ruoli resi possibili dalla comunicazione, dai viaggi e dallo scambio di esperienze e idee.

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Autore corrispondente

Massimo Vidale, Dipartimento dei Beni Culturali, Università degli Studi di Padova.

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Come citare questo capitolo

Vidale, M. 2021. Capitolo_35. Analisi preliminare dei resti ittici. In M. Vidale, S. Bergamini, G. Osti, V. G. Prillo, C. Reggio, F. Trevisan, I Pilastri della Terramara. Alle radici di economia, società e ambiente nel territorio di Bondeno, Volume 2 – Prima e Dopo lo Scavo, pp. 579-580. Treviso: Edizioni Antilia.